Stop trade with settlements

Per il rispetto delle leggi europee

Il 29 novembre è la giornata internazionale di solidarietà al popolo palestinese.

Per popolo palestinese, s’intende la comunità di persone, superiore alle otto milioni di unità, che vive principalmente nei territori occupati da Israele sin dal 1967, ma, in forma minoritaria, anche a Gerusalemme Est, in Israele, nei vicini stati arabi e nei campi rifugiati della regione.

La giornata fu istituita dall’ONU 44 anni fa in accordo col mandato dell’Assemblea Generale contenuto nelle risoluzioni: 32/40 B del 2 Dicembre 1977, 34/65 D del 12 dicembre 1979, e in tutte le successive risoluzioni adottate sotto il tema “Questione della Palestina”. La data fu scelta a causa del suo significato e della sua importanza per il popolo palestinese. In questa data nel 1947, infatti, l’Assemblea Generale dell’ONU adottò la risoluzione 181 (II), poi conosciuta come la “Risoluzione della Partizione”. Tale risoluzione conteneva disposizioni per la creazione di due stati in Palestina, lo “Stato Arabo” e lo “Stato Ebraico”, con Gerusalemme posta sotto giurisdizione internazionale separata. Dei due stati contenuti nella risoluzione, solo uno oggi, Israele, ha visto la luce.

Sappiamo tutti cos’è successo dopo di allora e la situazione dei molti palestinesi sopravvissuti alla distruzione dei villaggi e diventati profughi a vita e per generazioni.

Per questo motivo, nel 1975, con la risoluzione 3376, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha stabilito la nascita del Comitato per l’esercizio dei Diritti Inalienabili del popolo palestinese (CEIRPP), organo col mandato di elaborare e consigliare all’Assemblea un programma che permettesse al popolo palestinese di esercitare i suoi diritti inalienabili, incluso quello alla autodeterminazione priva da interferenze esterne, quello all’indipendenza sovrana e quello a tornare nei luoghi e nelle proprietà da cui sono stati spostati. A tale scopo, il mandato del CEIRPP è stato rinnovato da quel momento su base annuale.

La continua opera del Comitato ha portato nel 1991 alla Conferenza di Pace di Madrid e nel 1993 alla Dichiarazione dei Principi, correlata alla serie di accordi raggiunti ad Oslo tra Israele e la Palestine Liberation Organization (PLO). Con il tempo il Comitato ha continuato a supportare fortemente l’obiettivo, tracciato nella Risoluzione 1397 del Consiglio di Sicurezza nel 2002, dell’esistenza di due stati, Israele e Palestina, che coesistano fianco a fianco, con confini sicuri e riconosciuti.

L’illusione che con i trattati di Oslo nascesse uno stato di Palestina è un triste ricordo, anche se a parole molti Stati membri Onu sono favorevoli.

Per questo è doveroso ricordare ogni anno quello che successe 75 anni fa e quello che succede oggi. Doverosa quindi la solidarietà concreta a chi da più di cinquant’anni vive sotto occupazione e perde ogni giorno diritti come la casa, il lavoro, la salute.

Qui puoi vederere la petizione presentata alla commissione europea

A Gaza non c’è più acqua

Già prima dei bombardamenti dello scorso maggio, il sistema idrico e igienico-sanitario della regione di Gaza non era sufficiente per rispondere ai bisogni delle persone che ci vivono. Circa 100.000 palestinesi sono stati sfollati e cercano ora di fare ritorno alle proprie case. Ma a queste famiglie mancano le cose più importanti: l’acqua potabile e le cure mediche.

Il blocco illegale di Israele inoltre limita gravemente, o impedisce del tutto, l’entrata di materiali che permetterebbero al settore idrico ed igienico-sanitario di Gaza di riprendersi da anni di conflitto e non-sviluppo.

Come conseguenza di tutto ciò, la crisi idrica sta pericolosamente peggiorando.
Basti pensare che le falde acquifere sotterranee sono scese di 10 metri sotto il livello medio del mare, causando l’intrusione di acqua di mare e la conseguente contaminazione. Questo perché, purtroppo, la domanda e l’estrazione annuale di acqua è 4 volte superiore alla capacità di rigenerazione delle falde acquifere.

Purtroppo, il COVID-19 ha ulteriormente aggravato la situazione.
Arrivano poche dosi di vaccino, il sovraffollamento è enorme (con più di 2 milioni che vivono nella Striscia di Gaza, è una delle aree più densamente popolate del mondo) e la mancanza di riserve d’acqua rende questa minaccia ancora più letale.

I prezzi dei generi alimentari hanno subito un’impennata per effetto del conflitto ucraino: il prezzo della farina è aumentato del 23,6%, l’olio di mail del 26,3%, il prezzo dei legumi del 17,6%, il prezzo del sale del 30%.

I NUMERI DELL’EMERGENZA

Solo il 4% della popolazione ha accesso ad acqua potabile gestita attraverso il sistema idrico pubblico.

Le malattie associate all’acqua rappresentano circa il 26% delle malattie infantili a Gaza.

In Palestina solo 296.000 persone sono state vaccinate con 2 dosi (5,82% della popolazione).


Sul sito di Oxfam Italia puoi leggere di più e sottoscrivere l’appello.

Non mettiamo il Pianeta nel piatto

Ferma gli Allevamenti Intensivi

Quello che mangiamo oggi determina il mondo di domani: non mettiamo il Pianeta nel piatto!

Buona parte della carne venduta nei supermercati è prodotta all’interno di allevamenti intensivi: vere e proprie fabbriche di carne. Per produrre e vendere sempre di più e a prezzi sempre più bassi, gli animali sono sottoposti a trattamenti atroci, si inquina acqua, suolo e aria e si distruggono le foreste e la biodiversità per far spazio alla produzione di mangimi. Cambiamo le regole di questo sistema!

Carne e latticini: “Meno è Meglio”

Le scelte alimentari che facciamo oggi determinano lo stato del Pianeta sul quale vivremo domani. Greenpeace chiede una riduzione del 50% a livello globale di produzione e consumo di prodotti di origine animale al 2050 per evitare gli impatti più devastanti dei cambiamenti climatici e rispettare gli Accordi di Parigi sulle emissioni di CO2.

STOP fondi pubblici per Allevamenti Intensivi

Negli ultimi decenni, i fondi pubblici assegnati in modo sproporzionato hanno fatto crescere le grandi aziende agricole di stampo intensivo e industriale, contribuendo di fatto alla scomparsa delle realtà più piccole e più sostenibili.

Nel 2021 l’Unione europea applicherà la nuova “Politica Agricola Comune” (PAC) ovvero l’insieme di regole per l’assegnazione di sussidi e incentivi agli agricoltori e allevatori europei. Con la nostra campagna, vogliamo chiedere all’Unione Europea e al Governo italiano di tagliare i sussidi agli allevamenti intensivi e sostenere aziende agricole che producono con metodi ecologici.


Sul sito di GREENPEACE puoi leggere di più e sottoscrivere l’appello.