Enrico Berlinguer, Assisi 1983

Enrico Berlinguer, Assisi 1983

Vale la pena di rileggere alcuni stralci del discorso di Enrico Berlinguer sulla pace, pronunciato nel 1983. Sembra scritto ieri.

LA “FOLLIA” DI SAN FRANCESCO E IL RISCHIO DELLA GUERRA NUCLEARE

Il 9 ottobre 1983, ad Assisi, a conclusione della Marcia per la pace promossa da Pci e Fgci, Enrico Berlinguer pronunciò parole chiare, inequivocabili – e tremendamente attuali –, sul rischio della guerra nucleare e sulle cause che possono farla esplodere. Altri tempi, altra politica. Quelle che seguono sono le parti più significative del suo discorso.

(…) Tra gli aspetti della “follia” di Francesco c’era la contestazione radicale e intransigente della guerra, della violenza, oltreché della proprietà e del potere. Di fronte alla gerarchia ecclesiastica, fino al vescovo di Roma, Francesco contestava la “ragionevolezza” della guerra, delle crociate. (…). Era una rottura profetica netta e totale, un rifiuto secco della pretesa “ragionevolezza”, della accettabilità della cosiddetta “guerra giusta” o “guerra santa”; ed era, al tempo stesso, l’affermazione integrale del primato della pace e della ricerca del dialogo e dell’accordo con tutti gli uomini di buona volontà che è indispensabile perseguire a ogni costo perché la pace sia garantita. Questa lezione di Francesco è stata ripresa nei nostri tempi dal Concilio Vaticano II. (…)

Qui tra Perugia e Assisi, ha ripreso più volte, a partire dal dopoguerra, il movimento pacifista italiano: e ogni volta, da questi paesi, da queste contrade, esso ha inaugurato una nuova fase di lotta. I grandi raduni del Lunedì di Pasqua all’inizio degli anni Cinquanta; la Marcia da Perugia ad Assisi nel settembre ’61; quelle del ’78 e dell’81. In quelle manifestazioni, si sono schierate e hanno lottato le forze più varie della società e della cultura italiana: comunisti, socialisti, forze del mondo cattolico e, qui in Umbria, quella corrente dalla ispirazione etica e civile originale, venata da una sua laica, missionaria religiosità che Aldo Capitini ha rappresentato al più alto livello e che è anch’essa patrimonio inestimabile della cultura italiana. (…)

Oggi ci sono due convinzioni abbastanza diffuse, ma che a noi sembrano profondamente sbagliate e nocive. Secondo la prima si giudica impossibile che scoppi una terza guerra mondiale dato che la potenza distruttiva delle armi che vi sarebbero impiegate è giunta a tali livelli che la guerra equivarrebbe alla distruzione della civiltà umana e di gran parte della popolazione terrestre. Da questa constatazione indubbiamente veritiera sul carattere che avrebbe una guerra nucleare si trae la conclusione sbagliata che a essa non si può giungervi mai perché la saggezza dei responsabili degli Stati alla fin fine prevarrà. Le cose, purtroppo, non stanno così. Gli sviluppi politici, militari e tecnologici sono già arrivati a un punto in cui la guerra nucleare può realmente scoppiare. Gli eventi che possono accenderla possono essere diversi e non tutti possono rimanere sotto controllo. (…).

Per salvare la pace, si deve operare con profondità e a lungo, su diversi terreni, per rimuovere le cause che possono portare alla guerra. Quali sono le cause da rimuovere?

1) gli squilibri e le disuguaglianze economiche, specie quelle tra il Nord e il Sud del mondo, lavorando per un nuovo e giusto ordine economico internazionale, contro la fame e la miseria che affliggono tanta parte dell’umanità e per un nuovo tipo di sviluppo nei Paesi industrializzati;

2) l’esistenza di conflitti tra gli Stati, adoperandosi per la loro composizione pacifica attraverso un negoziato che riconosca il diritto di ogni nazione alla sua indipendenza;

3) la rigidità dei blocchi, lavorando per il loro progressivo superamento;

4) la corsa agli armamenti, con l’obiettivo di giungere fino alla messa al bando totale di qualsiasi arma atomica e nucleare; (…).

È a ciò che bisogna reagire con una mobilitazione di forze che sia al tempo stesso pluralista e universalista, e perciò unitariamente raccolta attorno a quell’imperativo comune, universale e pluralista, che dice: prima di tutto la pace. (…).

Enrico Berlinguer

(Assisi, 9 ottobre 1983)

REFERENDUM Italia per la Pace

Referendum contro la guerra e a favore della sanità pubblica

Un gruppo di cittadini e di associazioni si è costituito nel comitato promotore dei referendum “Italia per la Pace”, avviando la raccolta delle 500mila firme necessarie alla presentazione di due quesiti sull’invio di armi in Ucraina. Secondo i promotori, che fanno appello all’articolo 11 della Costituzione, le autorità italiane dovrebbero impegnarsi nei conflitti internazionali non mediante l’invio di armi bensì con un lavoro diplomatico volto a ottenere il cessate il fuoco e delle trattative di pace. Inoltre, visto e considerato che spesso si è ricorsi all’intervento dei privati nella gestione della sanità, motivando tale scelta politica in ragione dell’assenza di soldi pubblici da destinare al sistema sanitario, è chiaro che impedendo di devolvere denaro a scopi militari, si ritaglia una somma spendibile per la salute di tutti i cittadini. È stato quindi predisposto un terzo quesito sul conflitto di interessi nella sanità, per impedire la tendenza alla privatizzazione dei servizi.

I tre quesiti dei referendum

1. INVIO DI ARMI IN UCRAINA

Il nostro ceto politico, tanto di maggioranza quanto di opposizione, ha deciso, salvo lodevoli eccezioni, di destinare ingenti somme di denaro alla produzione di armi da inviare all’Ucraina. Noi riteniamo che il popolo italiano in maggioranza non sia d’accordo e con quesito referendario intendiamo provarlo. Anziché ricercare soluzioni diplomatiche, si coglie l’occasione per produrre armi (e fare profitti) presentandole come necessarie per la pace. Ci proponiamo allora di impedire la possibilità che venga rinnovato l’invio di armi, mezzi, equipaggiamenti e materiali militari ai Paesi coinvolti nel conflitto in corso. Se, infatti, l’esito del referendum dovesse essere positivo, per i partiti non sarebbe più possibile introdurre altre leggi che autorizzino di nuovo il finanziamento della guerra. Chiariamo: non è questione di parteggiare per l’uno o per l’altro schieramento. Con questo referendum si ha a cuore solo la pace che si raggiunge limitando gli armamenti e certo non inviandone di sempre piu’ potenti in teatri di guerra. Le armi uccidono moltitudini di civili e militari sia russi che ucraini e arricchiscono piccoli gruppi di miliardari senza scrupoli che controllano il complesso militare industriale globale.

2. DEROGA AL DIVIETO DI INVIO DI ARMI

Un secondo quesito sulla guerra e’ stato presentato dal Comitato Ripudia la Guerra. Esso vuole togliere al Governo il potere di derogare il divieto di esportazioni di armi in teatri di guerra attraverso la semplice informativa al Parlamento. Se questo referendum avesse successo, ogni decisione futura volta a inviare armi in teatri di guerra, richiederebbe una legge formale e dunque la piena assunzione di responsabilita’ politica del Parlamento. Generazioni Future e Ripudia La Guerra, considerando complementari e mutuamente rafforzativi i quesiti li hanno raggruppati sotto la denominazione “Italia per la pace”.

3. CONFLITTO DI INTERESSI NELLA SANITÀ

Con questo quesito referendario si cerca di impedire la tendenza alla privatizzazione dei servizi per la salute ed il conflitto di interessi nell’allocazione degli ingenti fondi pubblici per la sanità. Il quesito vuole cancellare una previsione di legge per cui le Regioni, cui compete la gestione del sistema sanitario a livello territoriale, possono ammettere la partecipazione nella programmazione della sanità anche di soggetti privati i quali, essendo coinvolti nella gestione, si trovano così in conflitto di interessi. In conseguenza di questo conflitto “endemico”, le ingenti risorse pubbliche spese per la sanita’ finiscono lontane da quegli ambiti in cui i ritorni per i privati sono piu’ limitati. Fra questi, come tragicamente confermato durante la pandemia, le terapie intensive e la medicina di prossimita’. Anche al di la dell’ emergenza pandemica, la conseguenza del conflitto di interessi è sotto gli occhi di tutti: l’accesso alle cure, che dovrebbe essere gratuito e garantito in modo efficiente a tutti i cittadini, a prescindere dal loro reddito, è divenuto difficoltoso per coloro che non riescono a sostenere i costi per cure private o semi-private (in convenzione). Come cittadini, abbiamo il diritto di vedere assegnati i fondi alla medicina di prossimità e alle terapie intensive anche se questi settori rendono poco ai privati. L’ Italia spende per la sanità il 7% del suo PIL, una cifra enorme. Essa deve andate dove serve di più non dove si fanno più profitti. Occorre chiarire che il referendum non vuole escludere i privati convenzionati dalla gestione sanitaria che spesso, soprattutto se no profit, svolgono in modo egregio. Vogliamo escluderli dalla programmazione che deve essere invece esclusiva responsabilita’ del pubblco e libera da conflitti di interesse.

Firma i referendum

Si può firmare ai banchetti organizzati dagli attivisti, negli uffici comunali, negli studi legali e dei notai aderenti o presso il consolato.

Si può firmare anche online

Per firmare, clicca qui:

https://generazionifuture.org/il-significato-del-referendum-contro-la-guerra-e-a-favore-della-sanita-pubblica/firma-i-referendum-online/

Ricordiamo che ogni persona può firmare una volta sola.