La campagna d’Egitto

La COP27 arriva in sordina rispetto alla tanto strombazzata, ma poco efficace, COP26 di Glasgow, in Scozia. La nuova conferenza sul clima si tiene a Sharm el-Sheikh, nella Repubblica araba d’Egitto e appare destinata a svolgersi quasi a porte chiuse, vista la “singolare” scelta della sede.

Tra i paesi dell’Unione europea, l’Italia è il primo partner commerciale dell’Egitto e il quinto a livello globale. È poi il secondo Paese di destinazione delle merci egiziane.

Diamo un’occhiata alle principali imprese italiane che collaborano con l’Egitto

QUI potete scaricare il rapporto completo (da Recommon.org)

Incontro con Giuliana Sgrena

La Camera del Lavoro di Mantova, mercoledì 21 settembre alle ore 17 in sala Enore Motta, ospiterà la giornalista Giuliana Sgrena che presenterà il suo libro “Donne ingannate – Il velo come religione, identità e libertà” (edizioni il Saggiatore).

Partendo da una riflessione sul tema del velo, tra scelta e imposizione, Giuliana Sgrena arriva ad analizzare il rapporto tra libertà e religione. E lo fa utilizzando le voci delle donne ha incontrato nel corso dei suoi viaggi in Medio Oriente dove ha realizzato numerosi reportage: ragazze e donne meno giovani, guerrigliere e prigioniere politiche, che raccontano qui la storia delle loro lotte, delle loro detenzioni e, in alcuni casi, delle violenze che hanno subito a causa dei loro desideri e della loro voglia di indipendenza. Attraverso le parole e i racconti della giornalista verremo condotti nell’Afghanistan dei taleban, nell’Iran di Khamenei, nel Maghreb delle rivoluzioni fallite e verrà evidenziato l’aspetto più reazionario di una società che non consente, spesso, alle donne di esprimersi anche attraverso vere e proprie imposizioni sull’abbigliamento, ma anche sull’amore e sul modo di rapportarsi con gli altri.

Giornalista e scrittrice, Giuliana Sgrena è inviata storica de Il Manifesto. Insieme a Giuliana Sgrena dialogherà Donata Negrini Segretaria della Cgil di Mantova.

A Gaza non c’è più acqua

Già prima dei bombardamenti dello scorso maggio, il sistema idrico e igienico-sanitario della regione di Gaza non era sufficiente per rispondere ai bisogni delle persone che ci vivono. Circa 100.000 palestinesi sono stati sfollati e cercano ora di fare ritorno alle proprie case. Ma a queste famiglie mancano le cose più importanti: l’acqua potabile e le cure mediche.

Il blocco illegale di Israele inoltre limita gravemente, o impedisce del tutto, l’entrata di materiali che permetterebbero al settore idrico ed igienico-sanitario di Gaza di riprendersi da anni di conflitto e non-sviluppo.

Come conseguenza di tutto ciò, la crisi idrica sta pericolosamente peggiorando.
Basti pensare che le falde acquifere sotterranee sono scese di 10 metri sotto il livello medio del mare, causando l’intrusione di acqua di mare e la conseguente contaminazione. Questo perché, purtroppo, la domanda e l’estrazione annuale di acqua è 4 volte superiore alla capacità di rigenerazione delle falde acquifere.

Purtroppo, il COVID-19 ha ulteriormente aggravato la situazione.
Arrivano poche dosi di vaccino, il sovraffollamento è enorme (con più di 2 milioni che vivono nella Striscia di Gaza, è una delle aree più densamente popolate del mondo) e la mancanza di riserve d’acqua rende questa minaccia ancora più letale.

I prezzi dei generi alimentari hanno subito un’impennata per effetto del conflitto ucraino: il prezzo della farina è aumentato del 23,6%, l’olio di mail del 26,3%, il prezzo dei legumi del 17,6%, il prezzo del sale del 30%.

I NUMERI DELL’EMERGENZA

Solo il 4% della popolazione ha accesso ad acqua potabile gestita attraverso il sistema idrico pubblico.

Le malattie associate all’acqua rappresentano circa il 26% delle malattie infantili a Gaza.

In Palestina solo 296.000 persone sono state vaccinate con 2 dosi (5,82% della popolazione).


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