4 novembre: non festa ma lutto e impegno per la pace

Cimitero a Verdun

4 NOVEMBRE 2021

PRESIDIO ANTIMILITARISTA

4 novembre, non festa ma lutto. È uno slogan, ormai antico. Mai una guerra può essere ricordata con una “festa”, perché ogni guerra è un “lutto” per l’intera umanità. La data del 4 novembre viene esaltata con continuità dal fascismo fino ad oggi, per richiamare l’unità dell’Italia sotto il segno della guerra e dell’esercito: “Giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate”. La prima guerra mondiale costò al nostro paese un milione e duecentomila morti (600.000 civili e 600.000 militari). Per la prima volta nella storia a morire a causa della guerra non erano solo i militari al fronte, ma in pari numero i civili vittime di bombardamenti o di stenti, malattie, epidemie causate dalla guerra stessa. Vogliamo ricordare e onorare quei morti rinnovando l’impegno contro ogni guerra e la sua preparazione, dunque contro le guerre di oggi, contro le armi costruite per le guerre di domani. Nella prima guerra mondiale si usarono per la prima volta armi di sterminio di massa. Per la prima volta si bombardarono le città. Nelle guerre di oggi sono principalmente i civili a morire; le nuove armi sono sempre più micidiali. Quanto ci costano le spese militari italiane? Quali armi costruiamo ed esportiamo? Qual è il ruolo dell’Italia nelle guerre che incendiano il mondo? Partendo da queste domande continuiamo con il nostro impegno per un futuro di pace.

Seguono i firmatariPubblicato il 4 novembre 2021
sulla Gazzetta di Mantova

Movimento Nonviolento Mantova

Mantova per la Pace

La guerra

In trincea a Verdun
Bosco a Ypres

Scrivi al governo italiano

SEI ONG PALESTINESI SONO STATE MESSE FUORI LEGGE DA ISRAELE. SCRIVIAMO AL GOVERNO ITALIANO AFFINCHÉ SI ATTIVI PER LA REVOCA DELLE ACCUSE… E SCRIVIAMO AI GIORNALI ITALIANI AFFINCHÉ DIANO SPAZIO ALLA NOTIZIA

Il Ministro della Difesa israeliano ha firmato un decreto militare che dichiara, senza fornire alcuna prova, “organizzazioni terroristiche” sei note ONG palestinesi per i diritti umani:

• Addameer, che sostiene i diritti dei prigionieri politici palestinesi

• Al-Haq, membro della Federazione Internazionale per i Diritti Umani

• Defense for Children International – Palestine, che promuove e difende i diritti dei bambini palestinesi

• UAWC, Unione dei comitati del lavoratori agricoli

• UPWC, Unione dei Comitati delle donne palestinesi

• Bisan, Centro per la ricerca e lo sviluppo

Queste ONG sono riconosciute e apprezzate in tutto il mondo per il lavoro che svolgono di documentazione delle violazioni dei diritti umani da parte di Israele e dell’Autorità Palestinese e per l’impegno a difesa dei diritti umani, dei bambini, dei prigionieri politici, delle terre e dei contadini, della giustizia di genere e altro ancora. Lavorano con le principali organizzazioni internazionali per i diritti umani e alcune hanno lo status Consultivo presso l’ONU. Le accuse del governo di Israele sono state mosse senza fornire alcuna prova, intimidendo e dichiarando “terrorista” o fiancheggiatore chiunque s’impegni nella difesa dei diritti del popolo palestinese, e costituiscono un ulteriore pesante passo nella repressione della dignità e dell’attivismo politico dei palestinesi.

A livello internazionale la decisione è stata fermamente e immediatamente condannata, chiedendone la cancellazione, da Amnesty International, Human Rights Watch, Oxfam, dalla Relatrice Special dell’ONU per i difensori dei diritti umani, da sette deputati del Congresso statunitense e dalle organizzazioni israeliane B’Tselem, Gisha, Association for Civil Rights in Israel e Physicians for Human Rights Israel. Il governo italiano ha il dovere giuridico costituzionale e internazionale di rispettare le Convenzioni per i diritti umani di cui l’Italia è firmataria, anche nei rapporti con gli altri Stati, e quindi ha l’onere di attivarsi per il ritiro del decreto. Bds Italia ha promosso un’iniziativa di sollecitazione nei confronti del Governo italiano affinché si attivi per la revoca delle false accuse alle ONG palestinesi. Sottoscriviamo la lettera!

… E SCRIVIAMO AI GIORNALI ITALIANI AFFINCHÉ DIANO SPAZIO ALLA NOTIZIA

La notizia è stata riportata dalle principali testate internazionale, dalla CNN, al Guardian, New York Times, Associated Press, Washington Post, Le Monde. Dalla stampa italiana, solo Il Manifesto.

Invitiamo tutte e tutti a mandare una lettera ai giornali italiani chiedendo che riportino la notizia di questo fatto e della condanna espressa a livello internazionale .

Esempio di lettera:

“Ho letto sulle più grandi testate della stampa internazionale venerdì delle grave accuse, mosse senza prove, del governo israeliano che mette fuori legge e in pericolo sei tra le più note ONG palestinesi per i diritti umani, alcune che hanno lo status consultivo presso l’ONU.

La decisione è stata condannata da Amnesty International e Human Rights Watch, da Oxfam, dall’ONU, da sette deputati del Congresso statunitense e dalle organizzazioni della società civile israeliana. Sorprende, data la gravità delle accuse e l’attenzione mediatica internazionale, che la vostra testata non ne abbia ancora dato spazio. Chiedo alla redazione di rimediare e dare ai suoi lettori la possibilità di essere informati su un argomento di così grande rilevanza”.

Indirizzi email (a scelta): lettere@corriere.it, rubrica.lettere@repubblica.it, lettere@ilfattoquotidiano.it, lettere@lastampa.it

Si firma qui:

https://bdsitalia.org/index.php/la-campagna-bds/comunicati/2685-ong-palestinesi

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Migranti respinti

Migranti respinti in Libia, a Napoli una sentenza storica

Condannato a un anno il comandante della «Asso Ventotto» che il 30 luglio 2018 consegnò più di 100 naufraghi alla polizia di Tripoli.

Era il 30 luglio 2018: la nave Asso Ventotto, della compagnia italiana Augusta Offshore, prese a bordo dei naufraghi trovati su un gommone in acque internazionali. Erano 101 persone secondo la nave, 108 secondo le vittime. Tra di loro cinque donne incinte e cinque bambini. La nave sbarcò tutti nel porto di Tripoli, con l’ausilio della motovedetta libica Ras El Jadir. Il respingimento sarebbe rimasto segreto se la nave della Ong Open Arms non avesse captato e registrato le conversazioni radio tra la nave che lo operò materialmente, la Asso Ventotto, ed una piattaforma della Mellitah Oil&Gas (una partecipata dell’Eni). Nicola Fratoianni, che quel giorno era a bordo della Open Arms, oggi commenta la condanna del comandante. «Bene così» scrive su Twitter «La Libia non è un porto sicuro, se lo mettano bene in testa: non si gioca con la vita delle persone». (…)

Il comandante Giuseppe Sotgiu è stato ritenuto colpevole per l’abbandono di richiedenti asilo – tra cui donne incinte e minori – alle autorità della Libia, Stato che l’Onu non riconosce come luogo di sbarco sicuro. È stato condannato ad un anno di reclusione, al pagamento delle spese processuali e al pagamento di cinquemila euro all’Asgi (Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione), costituitasi parte civile.

Leggeremo le motivazioni della sentenza tra tre mesi, ma immaginiamo contengano il richiamo all’articolo 33 della Convenzione di Ginevra, ovvero il divieto di espulsione, e all’articolo 19 del D.lgs. 286/98, legge italiana che vieta in ogni caso il respingimento e l’espulsione di minori e di donne in stato di gravidanza, nonché il respingimento di cittadini stranieri verso un Paese ove siano a rischio di subire torture e trattamenti disumani e degradanti. Il giurista Danilo Risi, primo firmatario dell’esposto che diede origine al processo, ci tiene a sottolineare che «questa di oggi è una grande vittoria dello stato di diritto: le persone devono essere trattate secondo legge, non secondo arbitrio». (..)

Questa sentenza è molto importante perché servirà a mettere un freno alle condotte illecite delle navi europee. Da oggi ogni comandante sa con certezza che consegnare naufraghi ai libici è un reato penale. C’è da sperare, ora, che i governi cessino di ostacolare quegli armatori privati rispettosi delle leggi. Pensiamo al caso della Maersk Etienne, che rifiutò di consegnare 27 persone ai libici e venne lasciata 37 giorni in mare dal governo maltese. La strada è ancora lunga.

Articolo diPubblicato su “Il Manifesto”
Sarita Fratini15 ottobre 2021

Vedi sulla stessa vicenda anche il commento di Amnesty International